Nowhere


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Cosa è nowhere? Innanzitutto, un disco. Banale risposta, ma questo è. Non il classico disco tondo, che potete maneggiare e toccare ancora prima di ascoltare, ma se siete dotati di un masterizzatore (e di una stampante, per la copertina) può anche diventare un disco alla vecchia maniera. Altrimenti, mettetelo sul vostro lettore mp3, sul computer, sull’autoradio, dove volete. E’ semplice. Potete anche non ascoltarlo.

I nove brani di nowhere sono stati composti e suonati in disparati momenti, sparsi nell’arco di almeno tre – quattro anni. Qualche idea è stata “riciclata” per fungus, da cui ho preso in prestito un loop di batteria.

Ho suonato tutto da solo, con l’eccezione di percussioni e batterie, tutte programmate / loopate da me. Ho mixato tutto da solo. Ho fatto un mastering (se così possiamo chiamarlo) ancora in totale solitudine.

Perché esiste questo disco? Nowhere non è un disco necessario, se non per me. A volte le idee capitano, e si mette un moto un meccanismo ossessivo che porta ad arricchirle, orchestrarle, rifinirle; finché non si giunge al compimento, rimane sempre un’ombra di insoddisfazione.

Dati tecnici: In questo disco sentirete: tre bassi elettrici (fender jazz classic 70’s, musicman stingray, squier fretless), una chitarra elettrica (yamaha pacifica), una pletora di plug-in (non possiedo ancora un mellotron!), un flauto traverso, un chapman stick, una chitarrina acustica (yamaha), la voce del sottoscritto, un micro-intervento di tromba sordinata e di violino elettrico. E un loop di batteria per il quale ringrazio il leggendario Stefano Firpo. Per non scomodare nessuno, ho realizzato anche le foto dello pseudo-booklet. Se non vi piacciono, potete anche non stamparle.

Quanto costa? Il vostro tempo. Ho usato il mio tempo per registrarlo, in cambio prendetevi qualche minuto per ascoltarlo. E magari qualche secondo per criticarlo!

Cosa significa nowhere? Una volta registrati i brani, mi sono reso conto che si tratta di nove “paesaggi” sonori, le descrizioni di non-luoghi sospesi, spesso eterei. Almeno, questo è quello che vedo quando riascolto il mio lavoro.

 

IN RETE dal 17 dicembre 2012, QUI