La nascita di Fungus


Nel 2002 assistei con Paolo Vallebona del Progetto Alba Ideale a uno sconvolgente concerto. Gli Embryo, gruppo di fricchettoni psichedelici tedeschi, stavano passando per caso dalla liguria e trovarono una data “last-minute” a Loano, al centro Italo Calvino.
Entrando nel locale scorgemmo un pulmino della Volkswagen con un milione di chilometri, che dimostrava (ed aveva) almeno vent’anni! Il concerto fu una serie di lunghe divagazioni strumentali, con Burchard mattatore che si alternava al salterio (un grande strumento percussivo e melodico) e alla batteria. La band lo seguiva, quasi rapita, in melodie che vagheggiavano tra l’orientale e il jazz, soffermandosi per minuti in loop / mantra monoaccordo. Accolsero anche ospiti estemporanei, senza preoccuparsi di concordare alcunché; Fabio Zuffanti e altri salirono sul palco del Calvino e diedero vita a lunghi e intensi momenti di “viaggio.
Alla fine del concerto, io e Paolo parlammo della necessità di inglobare più improvvisazione nel progetto alba ideale.
Cominciammo a mettere su nastro le prove con il mio ADAT a otto tracce, ed un giorno provammo anche a registrare un’improvvisazione: Andrea alla batteria, Simone alla chitarra elettrica, Paolo alla voce (che declamava testi casuali, per lo più presi dagli yes), io al basso. E poi, presi dall’impeto sperimentale, sovraincidemmo (sempre in modalità buona-la-prima) percussioni (Simone) e flauto traverso (io). Tornato a casa, pensai a lungo a quel nastro e mi sovvenne di chiedere ad Alejandro una chitarra incessante, alla maniera di Ed Wynne degli ozric tentacles. In un pomeriggio, con il solito mixerino da battaglia della Behringer e un riverbero vergognoso diedi una sorta di senso al tutto.
Il nome fungus venne quasi contemporaneamente: in quei giorni ascoltavo molto spesso un’interminabile (26 minuti) improvvisazione dei focus, anonymous two. Pensai più volte che avrei voluto un gruppo che suonasse così, ma “più psichedelico”: ovviamente il passo fu breve, da focus a fungus!